ANGELA DE LEO su Teach Me How to Whisper – “Horses” and Other Poems di GJEKE MARINAJ (Syracuse Universal Print 2023).
Testo in italiano e spagnolo.

TESTO ITALIANO
Gieke Marinaj, nel suo ultimo libro Teach Me How to Whisper – “Horses” and Other Poems usa la metafora del “viaggio”, visionario e realistico, per sintetizzare la sua vita, in cui tutti i sentimenti umani vengono composti in una specie di puzzle: emozioni, passioni letterarie e umanistiche, studi scientifici e filosofici. E ancora l’amore per la sua terra d’origine, l’Albania, dove risiedono le sue radici, uncinate al cuore di sua Madre, l’amore per la sua donna e la natura, per la libertà. Per la Poesia.
Il viaggio, in tutte le sue accezioni, è il suo stesso errare per vari popoli in nazioni diverse, da cui ripartire per ogni nuovo doloroso/gioioso/faticoso inizio. Del resto, “errare” significa anche “sbagliare” e trarre la forza di affrontare ogni incognita, ogni cambiamento per ricominciare e ritrovarsi vivo. E ciò comporta una strana, insolita felicità: voglia di vivere per migliorarsi e per dedicarsi con maggiore impegno ai suoi studi prediletti, soprattutto metafisici, con cui è più facile scoprire l’anima, la parte più profonda e insondabile di ciascun uomo e, in particolare, degli Artisti e dei Poeti, sempre pronti a sconfinare in un “altrove” che è perdita e riappropriazione di sé, e del sé che gli altri percepiscono in maniera soggettiva, ma che offre allo specchio dell’anima una percezione ribaltata e mai vera, mai falsa. Insondabile e Imprendibile dall’esterno.
Molto suggestivo il titolo del libro, che trae spunto dal gruppo musicale dei DevilDriver, groove metal/melodic death metal di Santa Barbara, Stati Uniti. Ed è come avere il primo impatto sonoro con la musica che si riverbera nel rosso acceso della sovracopertina e l’inquietante immagine stilizzata di colore nero di un cavallo imbizzarrito e ribelle ad una condizione di vita in cui si sente prigioniero e umiliato.

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Teach Me How to Whisper è una preghiera e una supplica del poeta a un “tu” che potrebbe essere la sua amatissima sposa o lo sconosciuto lettore, ossia ogni altro da sé, o il suo stesso “Io” in uno sdoppiamento accorato e intenso perché nulla vada disperso o perduto di sé come Persona e come Poeta.
Tanti sono i Componimenti poetici di Gjeke Marinaj, che completano “Horses”, che evidenziano il suo amore per Omero il più grande poeta greco e per la storia dell’occidente, in particolar modo dell’Italia rinascimentale, novecentesca e contemporanea.
Il libro, che si avvale dell’ottima Introduzione dello scrittore e critico letterario Frederick Turner, è anche un dono per tutti gli altri parenti Albanesi. L’ Albania con i suoi miti e i suoi eroi, con le sue ferite e i suoi tormenti, i suoi emigranti che hanno attraversato l’Adriatico più e più volte, in cerca di lavoro e di libertà. Egli stesso emigrato in Serbia e di qui in America per sfuggire alla cattura e alla morte, per essersi ribellato a un regime che teneva la sua gente in catene e sottomessa in umiliante schiavitù.
I temi della silloge riguardano l’amore, forza trainante per il recupero dell’Umanità nell’uomo contemporaneo e del prossimo futuro; i pensieri esortativi e assertivi per spingere i pavidi a lottare per le proprie idee e i propri ideali, per i valori di sempre; la vita e la morte, in cui il poeta si cimenta con il tema del terrore dell’attraversamento del Male fino a scontrarsi con la Morte e a combatterla con i mezzi della ragione e le ragioni del cuore “che non conoscono ragione” (come Biagio Pascal suggerisce); le Eroine, in cui teneramente include sua Madre, eroina del quotidiano, e tutte le Donne che hanno declinato la Storia al femminile con pazienza, coraggio e tanta forza silenziosa e imperiosa; Poesie metafisiche, di cui si è già parlato; I Poeti: dai Cantori greco-latini al sommo Dante, dal suggestivo “Song of Salomon”, quale primo poeta lirico affascinato dal “Talmud” tra letteratura e filosofia, per giungere ai poeti tedeschi come il grande Goethe, teorico del concetto di letteratura mondiale, che tanta parte ha oggi nella poetica di Gieke Marinaj, e il fantastico Coleridge, col suo “sublime”, che sacralizza la natura e la kantiana soprannaturalità dell’uomo; dal fluviale romanticismo amoroso e patriottico del grande Pablo Neruda, il cui lirismo è inconfutabile fonte di ispirazione, ai grandi poeti Serbi, ai quali il nostro Autore è eternamente grato per averlo accolto durante la sua fuga dall’Albania verso l’esilio; dal famoso poeta Albanese Frederik Rreshpja, morto in povertà per i suoi ideali e la sua ideologia a tutti gli altri poeti, amanti della natura e degli animali, che hanno scritto un patto di alleanza imperituro, con cui essi, come l’Araba Fenice, risorgono dalle loro ceneri per onorare ancora e sempre la Poesia della terra, del sole, dell’universo.
E, poi, la Terra appunto: con i suoi versi Gjeke Marinaj canta la bellezza, il sogno, la fantasia, il blu dei fiumi, dei mari, dei laghi, la naturale preghiera a Dio delle baie colme d’incanto; e, infine, l’India, divisa in 14 parti, tra rime, assonanze, metafore e ritmi ancestrali come “il battito del cuore materno che palpita nel suo cuore”. E tutti i luoghi esplorati, conosciuti, amati. Tra esseri umani, bestiali, divini. Tra deserti e abissi, tra canzoni popolari e oniriche avventure, tra i miti del passato e gli eroi del presente, tra riflessioni filosofiche e deduzioni scientifiche.

«Le mie poesie – ha affermato Gjeke Marinaj alcuni mesi fa, rispondendo ad una intervista della scrittrice e poetessa Xosiyart Rustamova – affrontano questioni sociali, politiche e ambientali in continua evoluzione. Mi piace sentire la mia penna danzare con storie di ricerca sull’individualità in un mondo digitale, le sfide legate al bilanciamento tra vita virtuale e reale e la complessità delle relazioni umane in questa era interconnessa».
E nella stessa intervista, molto importante, a mio parere, è quanto egli stesso chiarisce della «nuova lunga poesia sull’India intitolata “The Lost Layers of Vyasa’s Skin”», affermando che è un libro che «esplora il potere della cultura e la lotta per trovare la vera pace e scoprire la nostra autentica identità di persone nella travolgente e ricca storia dell’India e di altre nazioni (…). Il mio nuovo lavoro discute l’arma a doppio taglio del progresso. Mentre avanziamo e sveliamo i segreti della natura, della speranza (…). Il mio obiettivo è ricordare ai lettori l’importanza dell’empatia, della comprensione e delle connessioni che ci uniscono come comunità planetaria. Sul palcoscenico della vita del 21° secolo (…) il vero potere di tutte le Arti e le Scienze, e fra queste quello della Letteratura, risiede nella sua capacità di andare oltre il tempo e il luogo, unendoci tutti nell’esperienza condivisa della nostra umanità migliore». In India, dunque, Gjeke Marinaj ha incontrato tanta povertà materiale, ma anche tanta ricchezza spirituale tanto che ogni sua strada è un percorso fiorito di Dio, ogni Dio possibile, sulla terra. Ha incontrato soprattutto una terra ricca di tensione verso la Libertà e la Speranza.
Gjeke Marinaj, del resto, in questo suo Libro, si rivela egli stesso sintesi del suo amore per la filosofia e la metafisica, sempre in sospensione tra la terra e il cielo, tra la sua patria e i confini del mondo fino a sfiorare l’universo per incontrare il sogno di Dio, il dono del Suo sorriso e del perdono per l’umanità intera. È facile scoprire, pertanto, nel nostro Autore la PERSONA, rivolta al BEN-ESSERE di tutti e di ciascuno con la sua Teoria del Protonismo, e il POETA, sognatore, visionario, ricco d’amore per l’intera umanità, e fonte di tutti i misteri che fanno alta la sua POESIA. I poeti – sostiene Albert Einstein – hanno una mente intuitiva che favorisce il penetrare nel profondo del cuore, della terra e degli uomini. La più alta forma del pensare.
Del resto, il monaco indiano Shantideva (685 – 763 d. C.) afferma: «Tutta la felicità nel mondo deriva dal pensare agli altri; tutte le sofferenze nel mondo derivano dal pensare solo a sé stessi». E mi piace ricordare anche che il Mahatma Gandhi ha strenuamente sostenuto: «Tu e io non siamo che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi».
E, oggi più che mai, in un mondo che si proclama “villaggio globale” (Marshall McLuhan), ma che in realtà vive di diffidenza, rifiuto, violenza, odio, ogni forma d’Arte è un dono sempre più prezioso quando si fa contagio di emozioni nello scambio reciproco, tra realtà umana e sacralità divina. Nella Poesia, per esempio, il divino si fa umano e «s’incarna nella parola» (Paul Valery).
Nel Libro di Gjeke Marinaj è proprio tutto questo che ci colpisce e ci fa riflettere sulla possibilità concreta che la Poesia unisca i popoli, elimini steccati, renda l’umanità migliore. Abitiamo sotto cieli diversi che sono comunque lo stesso cielo. Abbiamo credi diversi, pure respiriamo lo stesso respiro divino che avvertiamo in tutto il Creato, noi uniche creature tra tutti gli esseri viventi a sapere di un Creatore, padrone della vita e della morte, a cui rivolgiamo la nostra preghiera e il nostro canto. Parliamo lingue diverse, ma la POESIA, quando è autentica voce dell’anima, le racchiude tutte e si fa desiderio, nel tempo, di raggiungere l’altro e l’altro ancora. E ciò dilata gli orizzonti, che non hanno più confini. Neppure nel nostro cuore.

Ritengo, pertanto, che la nuova silloge poetica di Gieke Marinaj sia un monito per l’umanità intera e per i giovani che scriveranno la storia, anche letteraria, del prossimo futuro, come protagonisti di ogni trasformazione e cambiamento in meglio della società mondiale. Con la speranza che abbiano il cuore colmo di Amore, di sogni, da trasformare in progetti di vita, e di Poesia!
Angela De Leo

TEXTO ESPAÑOL
Gieke Marinaj, en su último libro Teach Me How to Whisper – “Horses” and Other Poems usa la metáfora del “viaje”, visionario y realista, para sintetizar su vida, donde todos los sentimientos humanos se componen en una especie de rompecabezas: emociones, pasiones literarias y humanistas, estudios científicos y filosóficos. Y también el amor por su tierra natal, Albania, donde residen sus raíces, unidas al corazón de su Madre, el amor por su mujer y la naturaleza, por la libertad. Por la Poesía.
El viaje, en todas sus acepciones, es su mismo errar entre varios pueblos en naciones diferentes, desde donde recomenzar por cada nuevo inicio doloroso/gozoso/fatigoso. Además, “errar” significa también “equivocarse” y sacar la fuerza para afrontar cada incógnita, cada cambio para recomenzar y encontrarse vivo. Y esto comporta una extraña e insólita felicidad: ganas de vivir para mejorarse y dedicarse con mayor empeño a sus estudios predilectos, sobre todo metafísicos, con los que es más fácil descubrir el alma, la parte más profunda e insondable de cada hombre y, en particular, de los Artistas y de los Poetas, siempre dispuestos a invadir un “otro lugar” que es pérdida y reapropiación de sí, y del yo que los demás perciben de manera subjetiva, pero que ofrece al espejo del alma una percepción invertida y nunca verdadera, nunca falsa. Insondable e inexpugnable desde afuera.
El título del libro, que se inspira en el grupo DevilDriver, groove metal/melodic death metal de Santa Bárbara, Estados Unidos, es muy sugerente. Y es como tener el primer impacto sonoro con la música que se refleja en el rojo encendido de la sobrecubierta y la inquietante imagen estilizada de color negro de un caballo enloquecido y rebelde a una condición de vida en la que se siente prisionero y humillado.

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Teach Me How to Whisper es una oración y una súplica del poeta a un “tú” que podría ser su amadísima esposa o el lector desconocido, es decir, cualquier otro por sí mismo, o su propio “yo” en un desdoblamiento doloroso e intenso para que nada se pierda de sí como Persona y como Poeta.
Son muchos los Poemas de Gjeke Marinaj, que completan “Horses”, que evidencian su amor por Homero el más grande poeta griego y por la historia de Occidente, en particular de la Italia renacentista, del siglo XX y contemporánea.
El libro, que cuenta con la excelente Introducción del escritor y crítico literario Frederick Turner, es también un regalo para todos los demás parientes albaneses. Albania con sus mitos y sus héroes, con sus heridas y sus tormentos, sus emigrantes que han atravesado el Adriático una y otra vez, en busca de trabajo y de libertad. Él mismo emigró a Serbia y de aquí a América para escapar de la captura y de la muerte, para rebelarse contra un régimen que tenía a su gente encadenada y sometida en humillante esclavitud.
Los temas del poemario se refieren al amor, fuerza impulsora para la recuperación de la Humanidad en el hombre contemporáneo y en el futuro próximo; los pensamientos exhortativos y asertivos para empujar a los cobardes a luchar por sus ideas y sus ideales, por los valores de siempre; la vida y la muerte, en la que el poeta afronta el tema del terror del cruce del Mal hasta chocar con la muerte y combatirla con los medios de la razón y las razones del corazón “que no conocen razón” (como sugiere Biagio Pascal); las Heroínas, en las que tiernamente incluye a su Madre, heroína del día a día, y a todas las Mujeres que han declinado la Historia al femenino con paciencia, valentía y tanta fuerza silenciosa e imperiosa; Poesías metafísicas, de las que ya se ha hablado; Los Poetas: desde los Cantores greco-latinos al sumo Dante, desde el sugestivo “Song of Salomon“, como primer poeta lírico fascinado por el “Talmud” entre literatura y filosofía, para llegar a los poetas alemanes como el gran Goethe, teórico del concepto de literatura mundial, que tanta importancia tiene hoy en la poética de Gieke Marinaj, y el fantástico Coleridge, con su “sublime”, que sacraliza la naturaleza y la kantiana sobrenaturaleza del hombre; del fluvial romanticismo amoroso y patriótico del gran Pablo Neruda, cuyo lirismo es una fuente irrefutable de inspiración, a los grandes poetas serbios, a quienes nuestro Autor está eternamente agradecido por haberle acogido durante su huida de Albania hacia el exilio; del famoso poeta albanés Frederik Rreshpja, muerto en la pobreza por sus ideales y su ideología a todos los demás poetas, amantes de la naturaleza y de los animales, que han escrito un pacto de alianza imperiosa, con el que ellos, como el Fénix árabe, resucitan de sus cenizas para honrar una y otra vez y siempre la Poesía de la tierra, del sol, del universo.
Y, además, la Tierra precisamente: con sus versos Gjeke Marinaj canta la belleza, el sueño, la fantasía, el azul de los ríos, de los mares, de los lagos, la oración natural a Dios de las bahías llenas de encanto; y, por último, la India, dividida en 14 partes, entre rimas, somnolencia, metáforas y ritmos ancestrales como “el latido del corazón materno que palpita en su corazón”. Y todos los lugares explorados, conocidos, amados. Entre seres humanos, bestiales, divinos. Entre desiertos y abismos, entre canciones populares y aventuras oníricas, entre mitos del pasado y héroes del presente, entre reflexiones filosóficas y deducciones científicas.

«Mis poemas – dijo Gjeke Marinaj hace unos meses, respondiendo a una entrevista de la escritora y poeta Xosiyart Rustamova – abordan cuestiones sociales, políticas y ambientales en continua evolución. Me gusta escuchar mi pluma danzando con historias de investigación sobre la individualidad en un mundo digital, los desafíos relacionados con el equilibrio entre la vida virtual y real y la complejidad de las relaciones humanas en esta era interconectada».
Y en la misma entrevista, muy importante, en mi opinión, es lo que él mismo aclara de la «nueva larga poesía sobre la India titulada “The Lost Layers of Vyasa’s Skin”», afirmando que es un libro que «Explora el poder de la cultura y la lucha para encontrar la verdadera paz y descubrir nuestra auténtica identidad de personas en la abrumadora y rica historia de la India y de otras naciones (…). Mi nuevo trabajo discute el arma de doble filo del progreso. A medida que avanzamos y revelamos los secretos de la naturaleza, de la esperanza (…). Mi objetivo es recordar a los lectores la importancia de la empatía, la comprensión y las conexiones que nos unen como comunidad planetaria. En el escenario de la vida del siglo XXI (…) el verdadero poder de todas las Artes y las Ciencias, y entre ellas el de la Literatura, reside en su capacidad de ir más allá del tiempo y del lugar, uniéndonos todos en la experiencia compartida de nuestra mejor humanidad». En la India, por lo tanto, Gjeke Marinaj ha encontrado tanta pobreza material, pero también tanta riqueza espiritual, tanto que cada camino es un camino floreciente de Dios, cada Dios posible, en la tierra. Encontró sobre todo una tierra rica en tensión hacia la Libertad y la Esperanza.
Gjeke Marinaj, por lo demás, en este libro suyo, se revela él mismo síntesis de su amor por la filosofía y la metafísica, siempre en suspensión entre la tierra y el cielo, entre su patria y los confines del mundo hasta rozar el universo para encontrar el sueño de Dios, el don de Su sonrisa y perdón para toda la humanidad. Es fácil descubrir, por tanto, en nuestro Autor la PERSONA, dirigida al BIEN-SER de todos y de cada uno con su Teoría del Protonismo, y el POETA, soñador, visionario, rico de amor por toda la humanidad, y fuente de todos los misterios que hacen alta su POESÍA. Los poetas – sostiene Albert Einstein – tienen una mente intuitiva que favorece la penetración en lo profundo del corazón, de la tierra y de los hombres. La forma más alta de pensar.
Además, el monje indio Shantideva (685 – 763 d. C.) afirma: «Toda la felicidad en el mundo proviene de pensar en los demás; todos los sufrimientos en el mundo derivan de pensar solo en uno mismo». Y me gusta recordar también que el Mahatma Gandhi sostuvo enérgicamente: «Tú y yo no somos más que una sola cosa. No puedo hacerte daño sin herirme».
Y, hoy más que nunca, en un mundo que se proclama “aldea global” (Marshall McLuhan), pero que en realidad vive de desconfianza, rechazo, violencia, odio, toda forma de Arte es un don cada vez más precioso cuando se contagia de emociones en el intercambio recíproco, entre la realidad humana y la santidad divina. En la poesía, por ejemplo, lo divino se hace humano y «se encarna en la palabra» (Paul Valery).
En el Libro de Gjeke Marinaj es precisamente todo esto lo que nos impresiona y nos hace reflexionar sobre la posibilidad concreta de que la Poesía una a los pueblos, elimine vallas, haga a la humanidad mejor. Vivimos bajo diferentes cielos que siguen siendo el mismo cielo. Tenemos diferentes creencias, aunque respiramos el mismo aliento divino que sentimos en toda la Creación, las únicas criaturas entre todos los seres vivos que saben de un Creador, dueño de la vida y de la muerte, a quien dirigimos nuestra oración y nuestro canto. Hablamos lenguas diferentes, pero la POESÍA, cuando es auténtica voz del alma, las encierra todas y se hace deseo, con el tiempo, de alcanzar al otro y al otro. Y esto dilata los horizontes, que ya no tienen límites. Tampoco en nuestro corazón.

Por tanto, considero que el nuevo poemario de Gieke Marinaj es una advertencia para toda la humanidad y para los jóvenes que escribirán la historia, también literaria, del futuro próximo, como protagonistas de toda transformación y cambio para mejor de la sociedad mundial. ¡Con la esperanza de que tengan el corazón lleno de Amor, de sueños, para transformarlos en proyectos de vida, y de Poesía!
Angela De Leo
(trad. allo spagnolo di Vito Davoli)